05 - Le ricerche nei piani alti
I piani alti della zona nord del San Benedetto rappresentano lo spazio della direzione: delle ricerche, delle scelte, degli studi e delle sperimentazioni di chi ha diretto il San Benedetto. Qui viene realizzato un cortile sopraelevato, a cui possono accedere in pochi. E qui sono stati trovati scaffali, archivi, cassettiere piene di carte, foto, documenti che corrispondevano alla scelta di utilizzo di macchinari, tecniche e medicine sempre nuovi adatti alla cura della malattia mentale. Ogni direzioni corrispondeva a precise direttive di una struttura grande e complessa che, non dimentichiamolo, doveva contenere dentro le sue mura i problemi e i pericoli che non dovevano intaccare la città appena fuori dai suoi ingressi.
Fino all’arrivo di Lombroso il regolamento del manicomio prevedeva che un economo collaborasse con la gestione medico sanitaria e disciplinare del direttore e si dividevano i pazienti in classi come, i 'dementi con trattamento speciale': nel gruppo dei paganti - il cui vitto comprendeva la consolazione del latte con il caffè o il cioccolato; e nel gruppo dei mentecatti poveri pesaresi, bisognosi di custodia - il cui vitto non comprendeva la consolazione del latte con il caffè o il cioccolato. Il lavoro dei ricoverati sarebbe stato compensato con il 25% dello stesso prodotto. Per il ricovero dei comuni era necessaria una dichiarazione di pazzia firmata da un medico e da un rappresentante del Municipio di provenienza, insieme a un certificato di povertà. I paganti venivano accettati solo dopo il versamento di una cauzione, a meno che l'internamento non fosse stato richiesto dalle autorità, le quali avrebbero garantito il pagamento.
La svolta voluta da Cesare Lombroso ebbe molta eco in altre regioni, soprattutto le sue ricerche sulle relazioni tra disturbi psichici e tendenza al crimine, ma tanti altri furono i direttori che vollero lasciare il proprio segno: chi per le migliorie apportate alle condizioni di vita, o per la sperimentazioni di tecniche e macchine, o ancora per lo sforzo particolare di cercare un rapporto maggiore tra dentro e fuori il manicomio. Qui si accenna solo a Lombroso solo per rimandare alla storia dettagliata nel libro Cronache del manicomio.
Quando Lombroso assunse la direzione formulò alcune richieste per il miglioramento igienico-sanitario dello stabile: rivestimento di sughero per le camere dei sudici e per le celle d'isolamento; aerazione degli ambienti aprendo le finestre fino al pavimento; sostituzione dei pagliericci con veri e propri letti; istituzione di un laboratorio per la lavorazione delle stuoie, calzoleria, sartoria, falegnameria e laboratorio del fabbro; acquisizione di campi per il lavoro agricolo; realizzazione di padiglioni per ricchi tranquilli, convalescenti e melanconici. Inoltre chiese una sala per gli studi psichici, un gabinetto anatomopatologico, stanze per giovani medici appena laureati, cui affidare circa cinquanta ricoverati ciascuno (sui trecento presenti nell'ospedale). A ciascuno di questi medici avrebbe tenuto un corso di Clinica Psichiatrica, concedendo, se autorizzato dal Ministero, un diploma. In aggiunta a tutto questo, chiese la totale autonomia rispetto alla figura dell'economo e un assistente che lo avrebbe raggiunto da Pavia: il giovane dottor Luigi Frigerio, che studiò i tratti fisiognomici dei malati disegnandoli. Fra gli strumenti che lui riteneva più utili ai suoi studi ottenne un goniometro, un craniometro, un dinamometro e una collezione anatomopatologica di crani. Inoltre, con l'aiuto degli assistenti Frigerio e Riva, frequentò assiduamente il penitenziario, sottoponendo un cospicuo stuolo di criminali, ad esami antropologici e ''a tentativi di terapia di recupero attraverso il lavoro congeniale al loro temperamento''.
Dell’istituzione obbligatoria della scuola si parlerà nella prossima tappa.
Grazie a Lombroso l'Ospedale San Benedetto, come scrive Gina Lombroso, sua figlia,, fu trasformato in uno dei più avanzati laboratori di clinica psichiatrica e di antropologia criminale: ''Gli inservienti portavano e esportavano i crani, i documenti dei criminali dal carcere al manicomio; i pazzi scrivevano sotto dettato, facevano grafiche, conti, percentuali statistiche; i dottori Riva e Frigerio suoi assistenti, misuravano, esaminavano, riprovavano, controllavano tutti i pazzi, i criminali e i normali che la piccola città poteva loro offrire
Istituì il Diario del San Benedetto, una rivista che nel primo anno ebbe una periodicità quindicinale, poi divenne mensile e aveva una prima pagina con notizie sanitarie, dove venivano pubblicate le variazioni riscontrate periodicamente nel malato (indicato con le iniziali e il numero del letto). All'interno venivano inseriti gli scritti dei folli (poesie, commedie, dispute filosofiche, politiche e storiche, ecc.), i resoconti delle passeggiate, delle feste, del Carnevale e di altri avvenimenti; poi si dava spazio alle autobiografie (raccolte dai medici) e alle notazioni sui folli più stravaganti. Il linguaggio usato era piano e semplice, così da risultare comprensibile anche per chi era dotato di una scarsa istruzione. Il Diario fu publicato per più di cento anni, con una breve pausa nel corso della guerra.Questa attenzione di Lombroso nel tentativo di restituire dignità all'alienato, attraverso la scrittura, nasceva dal proposito di togliere il malato dalla condizione di isolamento e degradazione che la reclusione imponeva.
Nel 1903 sul Diario si scrisse che ''Non possiamo lasciar trascorrere questo numero […] senza fare menzione di una data memorabile per il nostro Manicomio e di una festa assai riuscita. Il 31 Marzo p. p. il Comm. Dott. Antonio Michetti compiva il 30° anno come Direttore del Manicomio S. Benedetto. Prima di cominciare la lotteria il ricoverato Giansanti Odoardo (detto Pàsqualon) recitò dei versi di elogio e di augurio per il Direttore che sotto riportiamo:
Ma 'l Nostre Diretor
Ma sta barca d'San Bnedett/ Carga a picch de tutt purett/ ch'iè a la pesca del giudizi,/ Og compisc trent'ann d'servizi/ El bon nostre Director./ Donca bsogna fei onor/ Par le su paterne cur/ P'le continue su premur, E par tutt chi bei farò/ Sta tranquillo, sentirò,/ Lascia far, e atre promess,/ Che Lo el lancia bel'e spess/ Par podè un po bonazzé/ Sta burasca ch'è maché/ Ch'messa un po la barca dritta/ A girismi a prova fitta;/ Donca deim batend le men/ Viva el nostre Capiten./ Ch'el s' mantenga grass e tond/ Senza mei mandec a fond,/ E vogand continuament/ Sa la penna e sa 'l talent/ L'à da vencia cla gran guerra/ D'en sbarchec s'un' atra tera!/ Nò en sim carna d'marcanzia!/ C'fuss la secca pur quant sia/ A subim piutost la mort/ Mo a viem stè in tel nostre port./ Forza donca tutti assiem,/ So, compagni, anticipem/ Un salut d'ringraziament/ Par avè otenud l'intent./ Già me per d'avel maché,/ Dai occh sua s'ved a spuntè/ N'afetuosa lagrimena/ Che in t'el cor piò en la po tena/ Spinta dal paterne amor:/ Viva el nostre diretor''. (31 marzo 1903)