01 - La vita era nel borgo di Colbordolo e il paesaggio tutto intorno
La vita era nel borgo e il paesaggio tutt’intorno
La vita della gente che abitava in un castello si svolgeva soprattutto nel borgo, nelle case e negli spazi fuori dalle mura. A Colbordolo, come a Talacchio e a Montefabbri, le case intorno alle mura sorgono per l’occupazione del suolo, non per accogliere gente trasferita da altri luoghi (come a Isola del Piano). Nella seconda metà del 1300 Colbordolo ha attuato il suo processo di incastellamento: erano borghi senza fortificazione, addossati alla strada e vicini ad una fortificazione.
Dentro c’erano le case dei più ricchi, la torre, il palazzo del capitano. Fuori le attività commerciali, gli incontri, i passaggi di gente che si spostava. Nel borgo di Colbordolo c’erano la piazza, la salita verso il castello, il ponte levatoio, un porticato per esporre le merci durante il giorno di mercato. In piazza del Popolo si incontravano le persone che vivevano intorno al castello, quelle provenienti da Talacchio e quelli che si muovevano tra Urbino e Pesaro. Colbordolo era in un crocevia.
A parte la presenza di alcuni notai, si trattava per lo più di agricoltori, ma c’erano anche fabbri, una sarta, un macellaio, un barbiere e pare ci fossero delle fornaci per la cottura di mattoni. Si coltivavano per lo più olivo e vite, ma per il consumo quotidiano era più diffuso il frumento.
A Colbordolo il fenomeno dell’enfiteusi non era solo legato ai laici, ma anche agli ecclesiastici: sicuramente ne era coinvolta l’Abbadia di San Tommaso in Foglia e la diocesi di Urbino.
Nel borgo vi erano dunque delle botteghe di fabbri, le granaie, per conservare il grano, e un ospedale, a partire dai primi anni del 1400. L’ospitale antico era un luogo di accoglienza e ricovero per i pellegrini e solo più tardi di assistenza agli infermi. L’ iniziativa di aprirne sulle vie di comunicazione era per lo più di ordini religiosi, ma a volte anche grazie alla beneficenza di privati cittadini, proprio come avvenne a Colbordolo. Così, l’ospitale si ritrovava intestatario di possedimenti terrieri, anche dentro le mura e con questo patrimonio faceva fronte alle emergenze in caso di guerre o epidemie.
A dominare piazza del Popolo la fontana, che prendeva l’acqua direttamente da una fonte naturale non lontana in direzione di Urbino e che faceva da nucleo dello spazio di incontro. I viaggi per trasportare l’acqua nelle abitazioni diventavano occasione di scambio e di incontro e di sosta, mantenendo anche da quella posizione bassa rispetto al castello un punto di vista privilegiato si chi arrivava, perché posta su un terrapieno, che al suo interno prevedeva un altro importante spazio di socializzazione.
L’acqua della fontana serviva ad alimentare il sottostante lavatoio, il luogo di incontro delle donne.